La strana storia dello strudel
Nato tra Austria e Germania, è uno dei dolci più diffusi e apprezzati d’Europa. Ma lo strudel non può essere considerato un semplice dessert: la sfoglia sottile e leggera, unita al goloso ripieno di mele, uvetta, pinoli tostati e pangrattato leggermente abbrustolito nel burro, lo rendono un vero comfort food da assaporare in qualsiasi momento della giornata, per regalarsi un piccolo e ‘rassicurante’ momento di piacere. Il merito è soprattutto della cannella, che dona alla farcitura un profumo inebriante e avvolgente, un vero balsamo per l’olfatto e l’umore!
In Italia lo strudel è il dolce altoatesino per eccellenza. Nelle pasticcerie, nelle panetterie e nei rifugi del Trentino fa la sua comparsa a settembre, con l’inizio della raccolta mele renette – le più indicate per la farcia –, una varietà che si caratterizza per la buccia color ruggine, la polpa chiara, morbida e consistente e il sapore aromatico. Sulle Dolomiti, dove viene preparato esclusivamente con gli ingredienti locali – mele e burro di montagna –, è sempre il momento di gustarlo, tiepido o caldo: a colazione, con il latte o il cappuccino, a merenda, con una tazza di tè o un succo di mela, e dopocena, per ritemprarsi dalle fatiche quotidiane, accompagnandolo con una spruzzata di panna montata, una pallina di gelato alla crema, una cioccolata fumante o ancora – per i palati più esigenti –, con un bicchiere di Moscato Giallo Passito, un pregiato vino dell’Alto Adige dal gradevole aroma di albicocca e vaniglia. Tra Bolzano e Trento il successo di questo dolce è tale che i produttori ne sfornano ben 85mila kg l’anno.
Questo dolce però cela una storia molto lunga che parte da luoghi lontani e attraversa culture e continenti e ci riporta indietro fino alla Mesopotamia.
L’uso della pasta sfoglia sottile farcita con un ripieno dolce ci riporta alle regioni asiatiche, dove il consumo di dolci simili affonda le radici nei tempi lontani dei Regni Mesopotamici; un trattato di cucina risalente al VIII secolo a.C. descrive infatti un dessert destinato alla corte assira formato da strati sottili di sfoglia farciti con miele e noci.
L’uso della sfoglia addolcita da miele e frutta secca si allargò a macchia d’olio trovando apprezzamento nelle popolazioni dell’area centro asiatica fino ad arrivare in Turchia, in Grecia e nel bacino mediterraneo dove i pasticceri ottomani concentrarono le loro raffinate capacità di pasticceria nella creazione di dolcetti spettacolari composti da sfoglia, melassa e frutta secca come noci e pistacchi: i famosi Baclava. Questo passaggio dall’area centro asiatica all’Europa orientale avvenne facilmente, grazie ai mercanti e alle flotte che commercializzavano con l’Europa orientale spezie, tessuti e beni preziosi. Attraverso le Vie della Seta, accanto alle merci pregiate circolavano anche prodotti alimentari e lo scambio culturale e di sapere era continuo.
I sopraffini pasticceri turchi perfezionarono la ricetta dando vita a moltissime varianti di piccoli dolcetti monoporzione arrotolati a sigaro o composti da strati sovrapposti di sfoglia imbevuti di miele o sciroppo di zucchero, la cui dolcezza esalta il trito di noci, pistacchi o pinoli. La pasta non è in realtà la classica sfoglia, tipica della tradizione italiana e francese composta da alte quantità di burro, ma si tratta di un tipo di pasta molto semplice e leggera composta solamente di acqua, farina con l’aggiunta di poco burro o strutto, la stessa che richiude il ripieno di mele dello strudel.
Negli anni delle guerre ottomano-asburgiche, quando le due potenze si contendevano il dominio del territorio ungherese, il baklava arrivò in Ungheria (era il 1526), dove la frutta secca fu sostituita dalle mele, tipiche della zona. Nel 1699 fece il suo ingresso a Vienna – e da lì in Germania e Alto Adige – e fu ribattezzato ‘strudel’, termine tedesco che vuol dire semplicemente ‘vortice’.
In Trentino ogni nonna custodisce gelosamente la propria ricetta dello strudel, tramandandola con amore a figlie e nipoti. Ecco perché ne esistono numerosissime varianti, sia dolci che salate, con ingredienti che variano in base alla stagione: uva nera, ricotta e uvetta, noci e miele (come nella ricetta turca), ciliegie e persino cavolo cappuccio, verza, funghi e formaggio morbido.
Anche dell’involucro non esiste un’unica versione: qualcuno sceglie la pasta frolla, qualcun altro la pasta sfoglia. La ricetta originale, però, richiede che il goloso ripieno sia avvolto in una pasta ‘matta’ fatta soltanto con farina, acqua e olio d’oliva. E, perché il risultato sia perfetto, questa deve essere così sottile da permettere di leggervi in trasparenza un articolo di giornale o una lettera d’amore!
fonti:
enjoyfoodwine.it
mangiarebbuono.it